Avatar Anonimously Founder
La mia vittoria è il mio fallimento. Vorrei solo fallire, male, malissimo, uscire umiliato da tentativi neanche
lontanamente andati in porto. Così mi sentirei parte del gioco della vita. Utopia, darmi la possibilità di essere messo all'angolo dalle mie difficoltà centinaia di volte, invece non so quale parte radicata in me non mi concede di poterlo fare, quando arrivo a costruirmi le condizioni per un successo qualsiasi mi fermo, poco prima del piacere. Rimango nelle trame fantasmatiche della mia mente e trovo quiete nel "sei arrivato a fare in modo che sarebbe potuto accadere". E si accumulano rimorsi, non detti, non fatti mentre vedo intorno a me chiunque provare, apparendomi miope non guardando la realtà dei fatti, riuscendo? No, ma esprimendo se stessa, esternando la propria volontà e avendo fatto il massimo in ogni caso. Che poi,sei miope se non vedi bene delle lettere, come si può esserlo per le relazioni umane, dov'è il limite, dove sarebbe la prospettiva "giusta" da cui vedere le cose? Non c'è. Forse quella miopia è il senso della vita. Sicuramente non è nell'autosabotarsi in tutto,nel o nei talenti che sento e mi riconoscono di avere e non coltivo quanto potrei, nel bloccarmi con ragazze che palesano interesse per me, nella paura che sento quando so che l'altro ha imparato ad aspettarsi qualcosa da me, e dovrei solo continuare a essere me stesso per costruire un legame, ma non riesco, mi fermo alla consapevolezza del "tanto AVREI potuto". Condizionale, come condizione d'esistenza.
1 ott 2025 alle 14:49 (modificato)

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